È di questi giorni la notizia che 600 docenti hanno scritto al Ministro della Pubblica Istruzione lamentando l'ignoranza dell'italiano da parte degli studenti
Ho sentito diversi pareri di professori: universitari, di medie superiori e di medie inferiori.
Alcuni scaricano la responsabilità sul livello scolastico immediatamente inferiore, altri invece hanno pareri più variegati: il sistema, le riforme che si accavallano, le distrazioni, il diverso linguaggio, le troppe nuove materie.
Potrebbe essere tutto vero; tutto insieme; oppure ciascuno per una piccola parte.
Il parere che mi ha più colpito è stato quello del preside di un liceo classico: "un errore sui congiuntivi non è importante se gli studenti sanno fare altro"
Però parlare è fondamentale come leggere e capire. In fondo chi non parla o scrive bene ha anche letto poco.
Se non curiamo l'italiano possiamo essere capiti e coerenti anche con una lingua internazionale come l'inglese?
Possiamo trascurare definitivamente l'italiano e parlare a gesti o solo con le emoticons?
Così non esiste il rischio d'essere facili vittime del parolaio di turno?
Ho pensato anche io in passato che le sole nozioni non fossero utili per affrontare la vita ma ho capito , anche grazie a professori capaci ,che è fondamentale CAPIRE ed avere la mente aperta, però si capisce meglio se si conosce.
Le nozioni non possono essere tutto ma non possono essere trascurate,
Quel che nessuno dice è che la scuola è stata smontata dalla cultura del '68 che ci voleva tutti uguali e tutti promossi e così si è proceduto, riforma dopo riforma.
Io so che ci sono differenze enormi date dalla maestre delle elementari. Chi sposa la tesi del "gioco e non studio" produce alunni con gravi carenze alle medie (alcuni non sanno neppure leggere) altre non si fanno corrompere da questa bella idea solo sulla carta e insegnano ancora Storia, Geografia e Italiano; questi alunni sono sempre più avanti degli altri.
Allora hanno ragione coloro i quali vogliono un ripensamento di tutto il percorso formativo per avere studenti capaci di affrontare le sfide internazionali di un mondo oramai globalizzato; devono parlare l'inglese ma anche l'italiano.
Ho sentito diversi pareri di professori: universitari, di medie superiori e di medie inferiori.
Alcuni scaricano la responsabilità sul livello scolastico immediatamente inferiore, altri invece hanno pareri più variegati: il sistema, le riforme che si accavallano, le distrazioni, il diverso linguaggio, le troppe nuove materie.
Potrebbe essere tutto vero; tutto insieme; oppure ciascuno per una piccola parte.
Il parere che mi ha più colpito è stato quello del preside di un liceo classico: "un errore sui congiuntivi non è importante se gli studenti sanno fare altro"
Però parlare è fondamentale come leggere e capire. In fondo chi non parla o scrive bene ha anche letto poco.
Se non curiamo l'italiano possiamo essere capiti e coerenti anche con una lingua internazionale come l'inglese?
Possiamo trascurare definitivamente l'italiano e parlare a gesti o solo con le emoticons?
Così non esiste il rischio d'essere facili vittime del parolaio di turno?
Ho pensato anche io in passato che le sole nozioni non fossero utili per affrontare la vita ma ho capito , anche grazie a professori capaci ,che è fondamentale CAPIRE ed avere la mente aperta, però si capisce meglio se si conosce.
Le nozioni non possono essere tutto ma non possono essere trascurate,
Quel che nessuno dice è che la scuola è stata smontata dalla cultura del '68 che ci voleva tutti uguali e tutti promossi e così si è proceduto, riforma dopo riforma.
Io so che ci sono differenze enormi date dalla maestre delle elementari. Chi sposa la tesi del "gioco e non studio" produce alunni con gravi carenze alle medie (alcuni non sanno neppure leggere) altre non si fanno corrompere da questa bella idea solo sulla carta e insegnano ancora Storia, Geografia e Italiano; questi alunni sono sempre più avanti degli altri.
Allora hanno ragione coloro i quali vogliono un ripensamento di tutto il percorso formativo per avere studenti capaci di affrontare le sfide internazionali di un mondo oramai globalizzato; devono parlare l'inglese ma anche l'italiano.
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