Enrico Lobina ex-consigliere comunale si permette di dipingere la sua città a tinte fosche in un articolo su "il Fatto".
"Nelle case popolari abitano circa 24.000 persone, con una precarietà abitativa permanente ulteriore terribile. Ci sono donne e uomini che muoiono di freddo e centinaia di bambini denutriti"
"Sono tutti emigrati"; "la città si estingue"; "non basta rinnovare le piazze"; "per la città occorrno lavoro, casa, socialità."
Comunista, si è sempre battuto contro tutte le attività produttive e i tavolini nelle piazze. Pronto a qualunque protesta. Difensore degli occupanti abusivi.
Uno di quelli che farebbe un "centro sociale" in ogni strada, convinto che il lavoro nasca sempre e solo dalle "tette gonfie" dello Stato.
Uno di quelli che pensano di far ripartire l'economia della città da quartieri popolari.
Lavoro, casa, socialità. Sembrano belle parole ma le parole non bastano.
Socialità è la parola più ambigua. I modi di vivere le città e in città sono tanti. Non sono paesi ed è vero che non è facile vivere in comunità ma i centri sociali non uniscono. Sono piccole congreghe politiche che spesso generano gruppetti violenti.
Per fare le case popolari ci vogliono i soldi.
L'attuale sindaco non è certo un liberista e, anche se manca di un piano economici complessivo per la città, ha da sempre il desiderio di costruire nuovi alloggi. Se non lo ha fatto non è certo per cattiva volontà.
Lobina per il lavoro si comporta come tutti i comunisti: è lo Stato che deve creare il lavoro. Vade retro iniziativa e capitali privati.
"Cagliari non è una cartolina" dice nel sottotitolo
Certo! Ma Cagliari è il magnifico capoluogo di una Regione, di un'isola, che non ha mai saputo vendersi e fare economia.
È una città che solo negli ultimi 20 anni sta ragionando seriamente di turismo pur avendo la spiaggia urbana più bella d'Europa, alla quale però neppure i recenti lavori di riassetto hanno saputo dare un volto economico per farne il volano del turismo.
Queste persone mi fanno venire i brividi. Parlano, scrivono ma non sanno realmente cosa fare.
Proteggono i poveri ma non sanno come toglierli dalla loro situazione se non con un assistenzialismo che non può essere infinito.
Negli anni passati gli ho sentito dire un mare di sciocchezze verdo-sinistriche. I suoi amici sono andati via perché siamo in un guado economico da cui non riusciamo ad uscire; vanno via perché le imprese muoiono e non ne nascono delle altre.
Lui e i suoi compagni politici non sono certo le persone indicate per sollevarci, avversando e non riuscendo nemmeno a capire cos'è e quanto valore ha l'impresa e l'iniziativa privata.
Siamo poveri e non diventiamo più ricchi con gli slogan
"Nelle case popolari abitano circa 24.000 persone, con una precarietà abitativa permanente ulteriore terribile. Ci sono donne e uomini che muoiono di freddo e centinaia di bambini denutriti"
"Sono tutti emigrati"; "la città si estingue"; "non basta rinnovare le piazze"; "per la città occorrno lavoro, casa, socialità."
Comunista, si è sempre battuto contro tutte le attività produttive e i tavolini nelle piazze. Pronto a qualunque protesta. Difensore degli occupanti abusivi.
Uno di quelli che farebbe un "centro sociale" in ogni strada, convinto che il lavoro nasca sempre e solo dalle "tette gonfie" dello Stato.
Uno di quelli che pensano di far ripartire l'economia della città da quartieri popolari.
Lavoro, casa, socialità. Sembrano belle parole ma le parole non bastano.
Socialità è la parola più ambigua. I modi di vivere le città e in città sono tanti. Non sono paesi ed è vero che non è facile vivere in comunità ma i centri sociali non uniscono. Sono piccole congreghe politiche che spesso generano gruppetti violenti.
Per fare le case popolari ci vogliono i soldi.
L'attuale sindaco non è certo un liberista e, anche se manca di un piano economici complessivo per la città, ha da sempre il desiderio di costruire nuovi alloggi. Se non lo ha fatto non è certo per cattiva volontà.
Lobina per il lavoro si comporta come tutti i comunisti: è lo Stato che deve creare il lavoro. Vade retro iniziativa e capitali privati.
"Cagliari non è una cartolina" dice nel sottotitolo
Certo! Ma Cagliari è il magnifico capoluogo di una Regione, di un'isola, che non ha mai saputo vendersi e fare economia.
È una città che solo negli ultimi 20 anni sta ragionando seriamente di turismo pur avendo la spiaggia urbana più bella d'Europa, alla quale però neppure i recenti lavori di riassetto hanno saputo dare un volto economico per farne il volano del turismo.
Queste persone mi fanno venire i brividi. Parlano, scrivono ma non sanno realmente cosa fare.
Proteggono i poveri ma non sanno come toglierli dalla loro situazione se non con un assistenzialismo che non può essere infinito.
Negli anni passati gli ho sentito dire un mare di sciocchezze verdo-sinistriche. I suoi amici sono andati via perché siamo in un guado economico da cui non riusciamo ad uscire; vanno via perché le imprese muoiono e non ne nascono delle altre.
Lui e i suoi compagni politici non sono certo le persone indicate per sollevarci, avversando e non riuscendo nemmeno a capire cos'è e quanto valore ha l'impresa e l'iniziativa privata.
Siamo poveri e non diventiamo più ricchi con gli slogan
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