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Suonano ancora gli slogan?

È probabile che anche prima del mio interessamento alla politica - nato presto in realtà - funzionasse allo stesso modo, ovvero con gli slogan.

Nei cosiddetti "anni di piombo" funzionavano anche le parole d'ordine e aggettivi qualificativi precisi: "fascisti", "indiani metropolitani", "libertari". "matusa". La loro pronuncia era definitiva, una sentenza.

In tempi recenti le cose non sono cambiate molto e sono proprio gli aggettivi a dettare i temi politici.
Il M5S ha vinto con "La Casta": Era sufficiente essere un politico per far parte di un gruppo di intoccabili privilegiati, lontano dalla realtà del paese. Come era prevedibile gli eletti 5S sono diventati Casta anch'essi. Lo racconta bene il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, testimone di ex-deputati grillini con tanto di scorta e "l'auto blu".

Schlein viene dall'aria movimentista del PD, quelle "sardine" che puzzano ancora dopo anni fuori dalle lattine. 
Non è solo lei però l'artefice dell'ultima parola d'ordine: "patriarcato", anche se ne ha abusato.

Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, tutte le colpe sono del fantomatico "patriarcato".
Io non ho tracce di questo da molto tempo. Direi anzi che in Sardegna ha funzionato molto di più il matriarcato, ben noto e riconosciuto. Persino nelle più sanguinose faide erano le donne a dettare tempi e soggetti da uccidere della famiglia rivale.

Patriarcato però va bene per tutto. Persino per chiamare "fascista" il governo di destra: "difende il patriarcato, quindi vuole riportare il fascismo". L'ho sentito alla TV da due rappresentati ARCI-Gay.

Dichiarazione che stona appena, con una presidente donna, indipendente, figlia di genitori separati.
Come tutte le parole abusate, ancor di più oggi con i social, finisce anche nelle bocche di chi straparla.
Una complottista, no-vax, bloccata più volte da Facebook, a chi poteva dare la colpa delle sue esclusioni se non al PATRIARCATO?



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