Il Festival di Sanremo si abbatte sulla vita degli italiani a febbraio come ogni anno.
Indubbiamente è un fatto di costume, un avvenimento che comunque raggiunge un numero vastissimo di persone come oramai raramente accade.
La parcellizzazione dei media, considerando social e similari, ha creato degli ambiti dei piccoli e grandi gruppi intorno a fatti e interessi specifici.
Complici gli stessi algoritmi di interne, ognuno si ritrova a leggere e guardare video scelti per lui in base alle sue navigazioni precedenti.
Ognuno si guarda in casa, fatte salve quelle situazioni che rimbalzano da una chat all'altra e diventano virali.
I quotidiani perdono lettori ogni giorno, la televisione meno e in modo differente. I video brevi o lunghi vengono riproposti e riciclati da canali come Insagram, YouTube etc
La conseguenza è che il Festival non si può ignorare. Magari non lo si guarda ma, se c'è un interesse per l'attualità e le notizie, rispunta da ogni angolo.
È adorato anche da chi, come Mediaset, dovrebbe temerne la concorrenza. È gradito perché è comunque fonte di polemiche, a volte sterili a volte comiche.
Risate e gossip a parte, sembra sempre più diventato un fatto culturale. La Sinistra lo ha adoperato a suo uso e consumo. Amadeus ha lasciato che la quella cultura tendenzialmente egemone, chiama woke, dilagasse.
Quest'anno, visto il fuggi-fuggi dalla TV pubblica di certi personaggi che forzavano i programmi al loro credo politico, la kermesse ligure aveva il marchio della Destra.
Il Foglio disquisisce su l'utilizzo dei mainstream, quindi non un vero contrasto alla cultura woke ma un compromesso moderato che non premierebbe la cultura conservatrice.
Certamente c'è una sinistra che rosica terribilmente per gli ottimi risultati d'ascolto di Carlo Conti; certo. ha perso un bel palcoscenico per raccontarci quanto sia bella la società LGBT e politicamente corretta.
Non ho visto tutto. Inevitabilmente anche a me è capitato di incrociare frammenti vari su social & C.
Alla fine ho solo un giudizio: è stato uno spettacolo ben confezionato, come dovrebbe essere.
Non ci dovrebbe essere altro. Canzoni, gradite o meno, personaggi noti, un po di comicità e serenità.
Una ricetta semplice, al tempo stesso complicata, che non dovrebbe contenere altro e altre speculazioni.
Forse è questa la cultura di questa destra, niente imposizioni, libertà di parola, pochi isterismi.
Elodie, Geppi Cucciari e Giorgia hanno detto di non votare per il governo; meglio così, meglio ci sia sempre un punto di vista differente e in contrasto. Meglio non ci sia chi è convinto per la sola appartenenza a una parte politica, d'aver sempre e comunque ragione, considerando tutti gli altri scemi.
Ai tempi del monopolio RAI il Varietà era la regola del sabato sera, come il film del lunedì.
Durante l'anno ne giravano tanti sempre di discreta fattura, alcuni più comici altri più canori.
Venne fuori all'improvviso "Studio 1"; era semplicemente perfetto, ritmi tempi, musica balli ospiti. Era una spanna sopra tutti. Dopo qualche anno arrivò "Studio 10". La formula era uguale ma il risultato no. Mancava qualcosa. Non saprei nemmeno io dire cosa ma il livello era inferiore. Se si vanno a rivedere non c'era nulla di straordinario, solo forse la regia e la programmazione.
Ecco, il varietà, il festival dovrebbe essere questo come lo è stato quest'anno: un bello spettacolo.
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