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Cagliari capitale dell'Incultura

È quasi un anno che il sindaco Zedda e la sua giunta strombazzano la candidatura di Cagliari a capitale della cultura.
Se oggi, 1 maggio 2014, fosse stato presente qualche giudice in città saremo stati retrocessi in serie B d'ufficio.
Il giovane Zedda e il buonismo terzomondista farlocco del suo partito hanno permesso che, quel che era un tempo chiamato il "salotto buono della città", ovvero i portici della via Roma, venisse trasformato in un OSCENO INDEGNO Bazar; roba ormai rara anche nel peggior Stato dell'Africa.

Non possiamo scordare poi che per gli ambulanti al centro della strada era obbligatoria la licenza ed il pagamento per l'occupazione del suolo pubblico. Non credo che qualche vigili si sia neppure avvicinato a chiedere alcunché nell'improvvisata casbah.

Il primo di Maggio a Cagliari non è un giorno qualunque. Non è soltanto la festa del lavoro; È il giorno della sagra sacra più importante dell'isola che vive da 350 anni.

Gli sforzi delle amministrazioni, soprattutto le ultime, compresa questa, sono stati orientati ad allargare la festa con manifestazioni continue in vari punti della città; queste oramai durano anche diversi giorni fino al tradizionale ritorno del Santo Efisio Martire in città, dopo un pellegrinaggio nei paesi della costa ovest.

I turisti in questi giorni invadono le strade come in pochi periodi dell'anno. La sfilata dei carri e dei costumi insieme al simulacro del Santo ha mantenuto intatto i suoi fascino ed emozione insieme alla devozione dei fedeli.



Vedere però quello schifo nella strada principale contemporaneamente alla sfilata ha fatto sobbalzare molti, come il presidente della conf-commercio.

La vista orribile era di una distesa di banchetti, tapettini e persino animaletti per tutta la lunghezza dei portici restringendo la possibilità di passaggio ai tanti che volevano solo godersi la bella città.

Niente di tipico, niente di tradizionale ma borse contraffatte, spezie indiane, bracciali e cianfrusaglie varie.

Eppure lo spazio, comunque sufficientemente sgradevole, dedicato agli ambulanti, era abbondante al centro della via, sul marciapiede centrale.

L'impressione è stata che la povertà attuale della Sardegna avesse realmente portato indietro la nostra civiltà di qualche secolo.

Lo spettacolo non era migliore nella piazza del Carmine dove, nel pomeriggio, si sono esibiti tantissimi gruppi e musicisti tradizionali.
Sul palco tutto era certamente di alto livello ed ha avuto come culmine l'applauditissimo maestro di Launeddas Luigi Lai.

La cornice intorno al palco ed alla piazza non era certo all'altezza.
Niente chioschi di prodotti tradizionali o artigianato, niente spiegazioni e chioschi di informazioni su musica o/e Sardegna ma solo carri puzzolenti di panini e dolciumi: una piccola sagra paesana di scarsissimo pregio e dignità.

Dov'era la cultura? Quella di cui si riempiono quotidianamente la bocca assessori e consiglieri di sinistra.

Il palco non basta. Non basta perché i turisti vogliono capire quel che vedono, per quanto sia bello, e non amano le aiuole rapidamente stracolme di lattine e bottiglie vuote.

Spero che il quotidiano locale l'Unione Sarda, riporti con forza le proteste di molti e faccia capire al "ragazzino" che col l'ideologia del cavolo non si governa una città.

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