Di recente ho assistito a delle interviste fatte da un giornalista.
Si parlava di siti non graditi non lontano da centri abitati.
Ho sempre avuto qualche riserva sulla scienza statistica, poi dopo alcune lezioni, ho compreso molto di più. È una scienza delicata che per avere valore deve essere trattata con cura e con presupposti precisi.
Il numero fa la differenza ma non sempre. I campioni esaminati devono essere perfettamente casuali nella loro scelta; le domande non devono avere in se le risposte e così via.
Il giornalista invece, avendo una tesi ad impatto precostituita, metteva le risposte in bocca ai suoi intervistati: "Come è possibile accettare una situazione simile davanti alle vostre finestre?". Anche i più titubanti cedevano.
Solo alcuni alla prima domanda generica: "cosa ne pensa", hanno risposto "è un servizio"; "devo sapere di più".
Lo chiamerei giornalismo a tesi o a sensazione. Identico a certe opinioni di certi amici o ascoltate sui i media "tutti la pensano così".
Si gioca sulle sfumature eliminando ciò che non piace e prendendo tutto molto "all'ingrosso"
In maniera diversa lo usano senza ritegno anche i "grandi" come San-toro, Travaglio, Gabanelli e soci.
La formazione delle opinioni della gente si forma proprio mediante i media, oggi molto più ampia e variegata, e sull'informazione.
Quando questa è deformata fa molti danni.
Questo mi fa pensare (niente di originale) che molte delle notizie che leggiamo subiscano a vario titolo delle forzature.
I titoli devono "suonare forte" perché spesso sono le uniche cose lette.
A volte c'è la malafede; altre solo la necessità di riempire una pagina ed attirare l'attenzione per vendere ed essere letti.
Mai toccare i giornalisti. La casta e forte ma se fossi uno di loro inizierei a guardarmi dentro ed a "toccarmi da solo".
Si parlava di siti non graditi non lontano da centri abitati.
Ho sempre avuto qualche riserva sulla scienza statistica, poi dopo alcune lezioni, ho compreso molto di più. È una scienza delicata che per avere valore deve essere trattata con cura e con presupposti precisi.
Il numero fa la differenza ma non sempre. I campioni esaminati devono essere perfettamente casuali nella loro scelta; le domande non devono avere in se le risposte e così via.
Il giornalista invece, avendo una tesi ad impatto precostituita, metteva le risposte in bocca ai suoi intervistati: "Come è possibile accettare una situazione simile davanti alle vostre finestre?". Anche i più titubanti cedevano.
Solo alcuni alla prima domanda generica: "cosa ne pensa", hanno risposto "è un servizio"; "devo sapere di più".
Lo chiamerei giornalismo a tesi o a sensazione. Identico a certe opinioni di certi amici o ascoltate sui i media "tutti la pensano così".
Si gioca sulle sfumature eliminando ciò che non piace e prendendo tutto molto "all'ingrosso"
In maniera diversa lo usano senza ritegno anche i "grandi" come San-toro, Travaglio, Gabanelli e soci.
La formazione delle opinioni della gente si forma proprio mediante i media, oggi molto più ampia e variegata, e sull'informazione.
Quando questa è deformata fa molti danni.
Questo mi fa pensare (niente di originale) che molte delle notizie che leggiamo subiscano a vario titolo delle forzature.
I titoli devono "suonare forte" perché spesso sono le uniche cose lette.
A volte c'è la malafede; altre solo la necessità di riempire una pagina ed attirare l'attenzione per vendere ed essere letti.
Mai toccare i giornalisti. La casta e forte ma se fossi uno di loro inizierei a guardarmi dentro ed a "toccarmi da solo".
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