Domenica in spiaggia fra i tanti ambulanti si è avvicinato un signore nero con barba e capelli brizzolati.
Non vendeva le solite cianfrusaglie e neppure vestiti; vendeva libri.
Altre volte ho comprato dei libri "neri" da questi ambulanti diversi, a parte l'elemosina, mi sono sempre pentito.
Domenica mi è piaciuto intrattenermi con il signore garbato e simpatico.
Ben disposto nei suoi confronti; non volevo il solito inutile romanzo ed ho cercato di scegliere qualcosa di diverso.
Il signore mi suggeriva un libro sulla visione che hanno i senegalesi dei bianchi italiani; considerava la sua lettura indispensabile da parte di tutti noi palliducci per capire meglio l'universo dell'emigrazione.
Stavo per prendere un libro di ricette poi ho preferito seguire il suo consiglio. Del resto è vero che noi li guadiamo con troppa superficialità.
Quel che non ho notato subito è stato il nome di un autore italiano sotto la "vera" scrittrice senegalese.
Il il libro era ben diverso sa quel che mi era stato prospettato. Un misto tra il buonismo il pauperismo e il neo-comunismo (ben nascosto) condito dal un anti-berlusconismo distribuito a piene mani.
Certo, la filosofia del senegalese è ben diversa dalla nostra. È anche certo che abbiamo costruito una società asfissiante e frenetica, che i nostri figli sono viziati e apatici; ancora però non moriamo tutti di fame.
Quando e se questo accadrà diverremo asceti e immanentisti come i senegalesi.
Nel libro tante volte viene richiamata la semplice saggezza dei contadini del Senegal ed la loro pienezza della vita, contro il superficiale Berlusconi.
Ciò di cui non si rende conto l'autore è che non si può mai fare un elogio dell'ignoranza (salvo avere il desiderio recondito di dominare le masse con l'intelletto; vedi Gramsci). Un Berlusconi senegalese (ed l'Africa di populisti alla grossa ne ha prodotti tanti) si metterebbe in tasca tutti i contadini con il resto della popolazione senza istruzione, con pochissimo sforzo.
Curioso però che, nonostante le solenni critiche alla nostra società (oltre a volerci insegnare a vivere) l'autore sostenga che i senegalesi in questo nostro caos nevrotico stiano benissimo e non abbiamo nessuna intenzione di tornare a casa; questo nonostante la coscienza che i loro figli diventino rapidamente molto simili agli apatici e nevrotici figli dei bianchi; del resto si sa, l'uomo è puro e la società lo corrompe.
La presunzione assurda forse sta nel credere che possano cambiare lo stile di vita degli italiani con quello del Senegal o forse c'è qualcuno che è convinto di riportarci indietro di secoli per via di quel pauperismo da quattro soldi che incomincia a prendere piede nella sinistra sconfitta dalla storia,
Non vendeva le solite cianfrusaglie e neppure vestiti; vendeva libri.
Altre volte ho comprato dei libri "neri" da questi ambulanti diversi, a parte l'elemosina, mi sono sempre pentito.
Domenica mi è piaciuto intrattenermi con il signore garbato e simpatico.
Ben disposto nei suoi confronti; non volevo il solito inutile romanzo ed ho cercato di scegliere qualcosa di diverso.
Il signore mi suggeriva un libro sulla visione che hanno i senegalesi dei bianchi italiani; considerava la sua lettura indispensabile da parte di tutti noi palliducci per capire meglio l'universo dell'emigrazione.
Stavo per prendere un libro di ricette poi ho preferito seguire il suo consiglio. Del resto è vero che noi li guadiamo con troppa superficialità.
Quel che non ho notato subito è stato il nome di un autore italiano sotto la "vera" scrittrice senegalese.
Il il libro era ben diverso sa quel che mi era stato prospettato. Un misto tra il buonismo il pauperismo e il neo-comunismo (ben nascosto) condito dal un anti-berlusconismo distribuito a piene mani.
Certo, la filosofia del senegalese è ben diversa dalla nostra. È anche certo che abbiamo costruito una società asfissiante e frenetica, che i nostri figli sono viziati e apatici; ancora però non moriamo tutti di fame.
Quando e se questo accadrà diverremo asceti e immanentisti come i senegalesi.
Nel libro tante volte viene richiamata la semplice saggezza dei contadini del Senegal ed la loro pienezza della vita, contro il superficiale Berlusconi.
Ciò di cui non si rende conto l'autore è che non si può mai fare un elogio dell'ignoranza (salvo avere il desiderio recondito di dominare le masse con l'intelletto; vedi Gramsci). Un Berlusconi senegalese (ed l'Africa di populisti alla grossa ne ha prodotti tanti) si metterebbe in tasca tutti i contadini con il resto della popolazione senza istruzione, con pochissimo sforzo.
Curioso però che, nonostante le solenni critiche alla nostra società (oltre a volerci insegnare a vivere) l'autore sostenga che i senegalesi in questo nostro caos nevrotico stiano benissimo e non abbiamo nessuna intenzione di tornare a casa; questo nonostante la coscienza che i loro figli diventino rapidamente molto simili agli apatici e nevrotici figli dei bianchi; del resto si sa, l'uomo è puro e la società lo corrompe.
La presunzione assurda forse sta nel credere che possano cambiare lo stile di vita degli italiani con quello del Senegal o forse c'è qualcuno che è convinto di riportarci indietro di secoli per via di quel pauperismo da quattro soldi che incomincia a prendere piede nella sinistra sconfitta dalla storia,
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